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Alla ricerca del quadro di Sant’Anna, rubato – di Mimmo Delle Fave

Foto: Domenico Sergio Antonacci

Foto: Domenico Sergio Antonacci

Alla fine degli anni ’60, nella notte del 5 settembre 1969 (quasi mezzo secolo fa), veniva perpetrato, da delinquenti rimasti ignoti, il furto del prezioso quadro di San’Anna: un olio su tela di buona fattura settecentesca, raffigurante Sant’Anna con San Gioacchino, la Madonna con in grembo il Bambino Gesù e alle sue spalle San Giuseppe; le figure di questa sacra famiglia erano sovrastate da alcuni angeli putti e, sullo sfondo in alto a destra guardando, si scorgeva la figura di Dio o forse di un Profeta. Sembra che il dipinto fu letteralmente tagliato e sradicato dalla sua cornice poiché, evidentemente, il furto sarà avvenuto in tutta fretta. Da allora di quella tela se ne persero completamente le tracce. Il quadro era posto sopra l’altare maggiore di stile barocco, della omonima chiesetta rurale immersa nell’omonima contrada dell’agro carpinese. L’altare era sormontato da due colonne vitinee che incorniciavano il dipinto, aveva ai lati un’arma gentilizia che presentava su campo azzurro una banda rossa trasversale da sinistra a destra, e a destra, in alto, una stella rossa a cinque punte. Tale edificio fu costruito, presumibilmente, all’inizio del 1700. Infatti il 26 Luglio del 1736 , in occasione  della consacrazione e dedicazione a Sant’Anna (ecco perchè il dipinto lo si faceva risalire alla stessa epoca),  la nuova chiesa fu meta della visita pastorale  dell’allora Arcivescovo di Manfredonia Marco Antonio De Marco. La stessa chiesetta, definita rurale insieme a quella della Santa Croce sul Poggio Pastromele (di cui citerò in seguito), era già considerata e mappata sullo “Stato della Chiesa Parrocchiale di Carpino del 1818”, in cui sono elencate ben 8 chiese: La Chiesa Madre di San Nicola (centro storico), San Cirillo (Piazza del Popolo), Purgatorio (centro storico, ormai se ne sono perse quasi del tutto le tracce; sul sito sorge oggi il centenario Istituto “Suore Ancelle del Sacro Cuore”, prima delle “Suore Discepole Gesù Eucaristico”), Sant’Antonio Abate (centro storico, oggi è rimasta solo la denominazione della via dove prima sorgeva la chiesetta), Chiesa dell’Assunta o del Cimitero (centro storico, ivi vi si seppellivano anche i morti, oggi è rimasta la denominazione della strada “Via Arco Cimitero” e il suo edificio, prima ceduto all’Amministrazione comunale dell’epoca per la nuova sede municipale, fu successivamente e presumibilmente demolito per far posto a nuove case per civili abitazioni), San Giorgio (centro storico, oggi è rimasta solo la denominazione della strada e piccole tracce dell’edificio), ed infine le due chiesette rurali di Sant’Anna e Santa Croce.  Ai giorni nostri, dunque, esistono solo le due chiese parrocchiali di San Nicola e San Cirillo e quella della Santa Croce. Dei santi titolari di dette chiese, a parte la vetrata di San Nicola molto recente, esistono e vengono custodite nella Chiesa Madre le relative statue molto antiche di Sant’Antonio Abate e della Madonna dell’Assunta, mentre quella di San Cirillo (patrono di Carpino) si trova nella omonima chiesa parrocchiale; non vi è traccia, invece, della statua o di un eventuale quadro di San Giorgio.
La presenza della chiesetta di Sant’Anna, proprio per la sua prerogativa rurale, prima del furto del quadro era diventata tanto necessaria alla popolazione carpinese, prevalentemente agricola, specialmente in tempo di trebbia: infatti i tanti agricoltori e contadini di tutte le contrade della zona attorno alla chiesetta,  la domenica fermavano il loro lavoro per un’ora per ascoltare la Messa. Ma non solo. Il 26 Luglio di ogni anno, in cui la Chiesa ricorda appunto i Santi Anna e Gioacchino, era tradizione che gran parte della popolazione di Carpino  – fermando ogni sua attività più che in un giorno festivo – si recasse in pellegrinaggio, a piedi ovviamente, alla chiesetta dove venivano officiate due Messe, una al mattino alle 11 ed una nel tardo pomeriggio alle 19 , entrambe celebrate dal Parroco all’aperto, fuori della chiesetta d’avanti al sagrato. All’ora di pranzo, ogni famiglia preparava ciò che aveva portato dal paese e veniva consumato sui prati circostanti (allora privi di vegetazione, oppure veniva tagliata prima). Al termine del pranzo, prima della messa vespertina, si intonavano non solo canti religiosi, ma anche musiche, danze, canzoni e stornelli popolari del paese, accompagnati dai suoni di chitarre, nacchere, tamburelli e mandolini (non mancava mai la classica tarantella carpinese); uomini e donne vestivano con  i costumi che oggi fanno parte della tradizione e vengono rivisitati, ma che all’epoca erano gli abiti della festa e non solo della festa, di uso comune. Una festa veramente popolare, del tutto diversa da quelle che si svolgono oggi nei nostri paesi, come quelle patronali o le “sagre”. E, comunque, questa tradizione cominciò a venir meno a Carpino, quasi inspiegabilmente da un anno all’altro, già da alcuni anni prima del furto del quadro di Sant’Anna e fu proprio a causa dell’abbandono, di qualche crollo  e dell’isolamento a cui andava incontro la chiesetta  che nel 1969 fu perpetrato il misfatto, nè si pensò di portare il quadro in Chiesa Madre…  L’unica altra festa religiosa e popolare oggi simile, sul Gargano, è forse quella del 23 Aprile del Crocefisso di Varano; mentre un’altra chiesa, come quella di Sant’Anna, ha dovuto subire l’abbandono ed è ormai in rovina, e vani sono stati, fin’ora, i tentativi per la sua ricostruzione: l’Abbazia di Kàlena nel territorio di Peschici.
Ormai da oltre mezzo secolo la chiesetta di Sant’Anna è totalmente abbandonata e diroccata ed il suo rudere lo si può scorgere nella pianura di Carpino, dalla Superstrada Garganica giungendo da Cagnano Varano, o andando direttamente sul sito. Intorno al sacro edificio è avanzata inesorabilmente la vegetazione e sono stati piantati molti alberi di ulivo dai conduttori del terreno dove sorgeva la chiesetta. E’ utopistico pensare che Sant’Anna possa essere ricostruita (per Kàlena, quanto meno, sono stati fatti degli sforzi e dei tentativi in tal senso, anche se inutilmente), ma anche se ciò possa essere possibile mancherebbe ciò che più configurava l’esistenza stessa della chiesetta e che la rappresentava totalmente, e cioè l’Icona rubata. Quindi, semmai, prima di poter pensare alla ipotetica eventuale ricostruzione, tutti: Autorità ecclesiali, Forze dell’Ordine, Esperti nel Settore dei Beni Culturali ed Artistici, Enti Locali (Regione, Comune) ed ogni singolo cittadino dovrebbero adoperarsi per mettersi alla ricerca di quel dipinto. Quella tela aveva il suo valore, non solo economico, ma anche storico e culturale per Carpino. E’ questo l’appello che si intende far partire con questo contributo, affinchè una ricerca inizi, sia fattiva, seria, coraggiosa, profonda. E qualora  venisse miracolosamente ritrovato, il quadro farebbe bella mostra di se sopra l’altare maggiore della Chiesa Madre, o nella cappella laterale di essa, e solo dopo l’eventuale ricostruzione della chiesetta verrebbe riportato al suo posto originale.
La storia della ricostruzione dell’altra chiesetta rurale della Santa Croce merita di essere portata ad esempio ed all’attenzione. L’originale, pure secolare, andò in rovina, anche questa, per l’abbandono ed a causa di terremoti (in essa però non vi furono mai oggetti di valore). Agli inizi degli anni ’80 fu poi fatta ricostruire sul medesimo sito di quella diroccata, ma, per motivi vari, con una struttura del tutto diversa dall’originale, ma sapete da chi, grazie alla iniziativa di un “Comitato di Anziani Pensionati” appositamente costituitosi (oggi tutti deceduti), in collaborazione con il Parroco, la popolazione e un equipe di artigiani e professionisti locali che hanno offerto gratuitamente la loro opera, e con un piccolo contributo dell’Amministrazione Comunale di allora che, però, nel contempo, dovette denunziare e perseguire il Comitato con Ordinanze di sospensione e di demolizione “delle opere edili abusivamente realizzate”.  Il fatto, naturalmente, suscitò un grande scalpore tra la popolazione e all’interno di quel Comitato.  I lavori furono ugualmente portati a termine, ma il Presidente del Comitato degli Anziani finì d’avanti al Pretore che però lo assolse. Al termine dei lavori, un cittadino di Carpino che trovò tra le macerie della vecchia chiesetta della Santa Croce, dopo l’ultimo terremoto che la rasa completamente al suolo, la campana originale della torretta, la prelevò e la portò presso la sua abitazione dove la custodì gelosamente per tanti anni, sperando proprio in una eventuale sua ricostruzione. E dopo che ciò avvenne riportò la campana consegnandola al Parroco ed al Comitato per essere ricollocata sul nuovo edificio. Nessuna autorità locale ha ritenuto, fino ad oggi, dover ringraziare ufficialmente quel Comitato di Anziani, magari con una targa ricordo in loro memoria da deporre sui muri della nuova chiesetta.
Auspichiamo una storia di così a lieto fine anche per la chiesetta di Sant’Anna, ecco il motivo dell’appello che parte dalle pagine di questo giornale di cui si ringrazia per la pubblicazione di questo contributo. Ringrazio anche la cara memoria del compianto amico, scrittore e maestro Avvocato Giuseppe d’Addetta, del quale ho tratto alcune notizie dal suo libro “Carpino” (Editrice C.Catapano –Lucera, 1973) relative alle approfondite e preziose ricerche storiche da lui stesso effettuate sul quadro di Sant’Anna e le chiese di Carpino, ma non
solo.

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