“Soffia…soffia…soffia…!”
Trasportato dal vento è un grido di guerra.
Al grido di guerra poi segue l’attacco. Per ogni trenta centimetri di lunghezza, un respiro in superficie, un minuto sott’acqua alla successiva immersione.
È questa la regola empirica dei balenieri mentre scrutano l’acqua alla ricerca del mio sbruffo, per fare lesti un po’ di calcoli.
E se dopo al grido, ai calcoli arriva l’attacco, la nostra morte, seppure siamo giganti, s’appende anche ad altre esche.
Non c’è un grido, né una fiocina che sibila, ma mi sono ritrovato spiaggiato sul Gargano.
Era l’alba.
Mai vista l’alba da questa insolita posizione.
Sdraiato su di un fianco. Un occhio schiacciato sulla sabbia, un occhio rivolto al cielo.
Bei colori in questo cielo all’alba.
Respiro con fatica e nella mia quasi totale immobilità, fatta eccezione per la coda che cerco di sbandierare, mi sento addosso il mare che va a morire sulla spiaggia e la brezza che deve guidare il mare.
Non vedo un granché con un occhio solo.
Il cielo, però, sì. Via via diventa più chiaro e mi sembra proprio di emergere e di essere giunto alle ultime centinaia di metri dalla superficie, dove la luce riesce a penetrare e a sconfiggere il buio.
Con l’aumentare della luce, aumentano i rumori. Strani suoni emettono questi umani.
Si staranno organizzando.
Il tempo passa lento. Non sono abituato a restare a lungo fermo e il respiro…ah, cosa darei per uno sbruffo!!
Gli umani giungono numerosi.
Chissà se la vita, qui, è simile a quella negli abissi?!Se il più grande divora il più piccolo?!
È un sistema d’equilibrio giù nel mare.
Ma adesso questo sistema non vale.
Io sono approdato in un mondo che non è il mio.
Sono il più grande, ma in realtà riverso su di un fianco senza sbruffo e con un occhio affossato sono il più debole.
Che questi strani suoni umani stiano organizzando il mio salvataggio, in modo che non si guasti l’equilibrio del mio mondo e non disturbi quello della terra?!
Intanto la luce comincia a diminuire e immagino di inabissarmi.
Chiedo collaborazione al mio corpo; la coda non risponde ai comandi e resta fissa come una bandiera inamidata.
E allora mi aggrappo al ricordo e ai viaggi tra i profondi fondali, ai misteri abissali che questi umani credono di aver compreso e di poter governare… giusto per ignorare i flash delle macchine fotografiche che ho capito non servono affatto per la mia salvezza.
Quando l’occhio ritorna presente, si riempie di crepuscolo e di lì a poco il cielo pieno di luce si fa cielo pieno di buio.
E nel buio un piccolo piccolo puntino bianco mi fissa, immobile quanto me.
Ormai c’è poco movimento sulla spiaggia.
Il moto delle onde mi fa sentire a casa mia, nonostante qualcosa mi abbia cacciato sulla soglia.
Riportarmi dentro deve essere complicato o poco desiderato, altrimenti cosa ci farei ancora qui?!
Il puntino bianco brilla ancora uguale ed è ciò che vedo come ultimo ricordo.
Solo una stella nel cuore della notte
Grazia D’Altilia (da fuoriporta.info)
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