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Al Carpino Folk Festival 2016 Peppe Voltarelli in concerto

a conclusione di un’articolata riflessione su “L’Italia cantata dal sud”
(Otello Profazio, Matteo Salvatore, Enzo Del Re e Antonio Infantino)

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La programmazione del festival della musica popolare del Gargano questa sera, 8 agosto 2016, prevede la partenza alle ore 20.03 da San Severo sui treni delle Ferrovie del Gargano con CANTAR VIAGGIANDO – “Una valigia di ricordi – Un viaggio slow a bordo dei vagoni delle Ferrovie del Gargano” con Ciro Iannacone che descriverà il suo Gargano attraverso le proprie canzoni ed alcuni canti della tradizione popolare in chiave personalizzata.

A seguire il primo dei concerti all’aperto del Carpino Folk Festival, Voltarelli canta Profazio, chiuderà un’articolata riflessione attorno a due differenti stagioni del folk revival italiano, contrassegnate allo stesso modo da una spiccata vocazione civile. Un incontro unico, e urgente come le eterne questioni del sud, che prenderà a pretesto alcuni volumi dedicati dalla Squilibri a quegli anni e a quegli autori per entrare nel vivo con gli interventi –in voce e in musica- di due dei protagonisti di allora e di studiosi, artisti e musicisti che a quel periodo guardano con grande interesse, rinvenendovi elementi di ispirazione per una proposta artistica che coltiva ancora l’ambizione di raccontare in musica il nostro presente e la realtà che ci circonda.

Con Otello Profazio (l’antesignano del folk revival in Italia, Premio Tenco 2016), Giovanni Rinaldi (curatore del volume con cd allegato di Matteo Salvatore e Riccardo Cucciolla, A sud. Il racconto del lungo silenzio), Timisoara Pinto (autrice del volume con due cd allegati Lavorare con lentezza. Enzo Del Re, il corpofonista), Antonio Infantino (il fondatore dei Tarantolati di Tricarico che con Enzo Del Re condivise l’inizio della carriera oltre che speranze e progetti), Domenico Ferraro (curatore e promotore di diversi volumi su Profazio, nonché autore del monumentale lavoro su Roberto Leydi, altro protagonista di quegli anni), Salvatore Villani (ricercatore e studioso che a Matteo Salvatore ha dedicato molte delle sue registrazioni sul campo), Andrea Satta e Angelo Pelini dei Têtes de Bois (tra i primi a interpretare il canto della fatica e della rivolta, da Léo Ferré a Matteo Salvatore, e a offrire una ribalta nazionale a Enzo Del Re negli ultimi anni della sua vita), Peppe Voltarelli (già Premio Tenco per il miglior album in dialetto che con il suo recentissimo omaggio a Otello Profazio ha rimesso al centro dell’agenda culturale il confronto con quell’irripetibile stagione di impegno meridionalistico) e Anna Corcione (l’artista che assieme alla sorella Rosaria ha realizzato le opere che corredano il cd-book di Voltarelli).

 

Tra canti, parole e visioni si passeranno così in rassegna le piccole e grandi vicende che hanno segnato profondamente la canzone italiana che, con Otello Profazio e Matteo Salvatore, si apriva a temi del tutto inusuali in un panorama dominato da Paperi e papaveri e Grazie dei fiori. Sull’esangue tronco della tradizione canora nazionale, Otello immetteva la grande poesia civile di Ignazio Buttitta e il fatalismo e la rassegnazione di contadini ed emigrati traditi dalla storia, mentre Matteo Salvatore vi innestava la fatica e la miseria di popolazioni altrimenti condannate a un silenzio definitivo. I due cantori, legati anche da personali rapporti di amicizia e di lavoro, sono da intendersi come l’effettivo avvio di un folk revival che, contro ogni evidenza, ci si ostina a far iniziare un decennio dopo, quando la rivisitazione dei repertori popolari si sarebbe caricata di urgenze politiche e di entusiasmi ideologici: una nuova stagione del folk revival italiano della quale Enzo Del Re e Antonio Infantino sono forse le espressioni più emblematiche.

 

A sorprendere oggi, a distanza di decenni, è la sorprendente vitalità di molte delle istanze agitate in quegli anni al punto da costituire un motivo di ispirazione per molti dei protagonisti della scena musicale italiana: una perdurante attualità che sarà bene evidenziata dal concerto di Peppe Voltarelli, artista a dir poco eclettico –scrittore, attore e compositore per il cinema e il teatro-, considerato la voce più rappresentativa della cosiddetta ‘onda calabra’ assunta a vessillo di un meridionalismo al passo di tempi decisamente diversi da quelli di Nilla Pizzi e Cinico Angelini. Questo suo omaggio al “penultimo dei cantastorie”, in particolare, risponde all’urgenza di rivendicare con fierezza le proprie origini, senza lasciarsi tentare da fughe estetizzanti verso lidi lontani, per offrire al suo pubblico, senza inutili orpelli, alcune gemme del repertorio di Profazio e restituire così, a un paese senza memoria, pezzi significativi della sua storia culturale.

 

La tradizione dei cantastorie rivive infatti nella sua interpretazione, animando la rappresentazione dolente e stralunata di un meridione eternamente eguale a se stesso per cantare ancora, a passo di danza, le ferite sanguinolente della storia, il flagello della mafia, il dramma dell’emigrazione, la desolazione di periferie abbandonate senza mai cedere al lamento compassionevole o all’autocommiserazione pietosa. Un concerto carico di suggestioni che andranno a infittirsi con la proiezione sullo sfondo delle opere artistiche realizzate appositamente per lo spettacolo da Anna e Rosaria Corcione che, lavorando su materiali storici con strappi e stratificazioni, hanno reso a loro volta omaggio a un altro grande calabrese, Mimmo Rotella, dando vita a una riproposta dinamica e innovativa dei vecchi cartelloni da cantastorie.

 

A rendere in qualche modo unico il concerto di Carpino sarà la partecipazione straordinaria dello stesso Otello Profazio che affiancherà Voltarelli con la sua voce e la sua chitarra, quasi a suggellare sul palco il patto tra due generazioni di artisti accomunati da un viscerale amore per la propria terra ma ostinati a intendere il campanile del paese come veicolo di istanze universali per declinare in musica la consapevolezza e l’orgoglio di essere periferia che, in un panorama di tediosa uniformità, è un diritto da rivendicare e un valore da salvaguardare.

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