Lomax e Carpitella furono i primi a rivalutare i canti della tradizione
Faceva caldo quando Alan Lomax e Diego Carpitella raggiunsero il Gargano per la loro ricerca. Quel Gargano, con cicale e caldo torrido dove suonare una chitarra battente o intonare una «strappuleta» era l’unico modo per dimenticare il peso della fatica nei campi. Era il 24 agosto del 1954 e, in pochi giorni, si sarebbero imbattuti in un fenomeno che di lì a poco avrebbe attratto ricercatori e musicisti di tutta Italia e non. Intuirono subito che a Carpino c’era qualcosa di unico. I suoi cantori riecheggiavano melodie particolari, sonetti e ballate che richiamavano bagagli culturali di un mondo che aveva conservato intatto la sua bellezza. A Carpino, Carpitella ci torna il 10 dicembre 1966 con Roberto Levdi. Sta allestendo uno spettacolo con cantori e suonatori tradizionali. Durante questa visita viene registrata la cosiddetta «Accomé j’èjafap’amà ‘sta donne», che tanto successo ha avuto presso i gruppi di riproposta, in realtà un sonetto nella forma di tarantella alla «muntànare». Dopo questa raccolta il gruppo dei Cantori di Carpino (Rocco Di Mauro, Andrea Sacco, Gaetano Basanisi, Giuseppe Conforte, Angela Gentile e Antonio Di Cosmo) viene invitato a Milano nel marzo del1967 a partecipare allo spettacolo «Sentite buona gente» presso il Teatro Lirico. Nasce allora il progetto che ha in questo gruppo il punto di riferimento di un movimento culturale che ha varcato i confini del Gargano e che ha coinvolto decine di artisti di fama internazionale.
[a.d.a.]
Il 2014 che è appena terminato segna il 60.mo anniversario di una ricerca sistematica sulle tradizioni popolari realizzata dallo statunitense Alan Lomax e dall’etnomusicologo calabrese Diego Carpitella. Lavorò commissionato dalla Columbia World “Library and Primitive Music, che li porterà a registrare circa tremila documenti. La raccolta conservata presso gli Archivi di etnomusicologia di Roma comprende documenti sonori, con vari organici vocali e strumentali, registrati in ogni angolo d’Italia, con particolare attenzione alla Puglia, e al Gargano. “Alan Lomax, antropologo statunitense questo impegno lo aveva assunto in pieno: a bordo di uno sgangherato furgone, con l’ausilio di un magnetofono «Magnerecord» e in compagnia di Carpitella. Un inquieto viaggiatore della cultura – come è stato definito – costretto a ripercorrere le strade d’Europa, suo esilio volontario per sfuggire alle liste di proscrizione del «maccartiste», ma anche per censire e raccogliere documenti sonori di tradizione orale da responsabile della sezione musicale della Biblioteca del Congresso. In quella sua ricerca sul Gargano c’è di tutto. Immagini sbiadite dal tempo, uomini e donne che sembrano usciti da un mondo lontano e accumunati da modi di vivere, costumi, abiti tradizionali; contadini, pastori, cavamonti, pescatori di tonno, tutti tenuti insieme dal filo conduttore di un unico disegno culturale. Quello legato alla tradizione e alla musica popolare, e nella fattispecie la “tarantella garganica”. Piccole enclavi di un patrimonio folkoristico di ineguagliabile bellezza. Note raccolte su una cinquantina di taccuini su cui si leggono i messaggi culturali di un mondo che da lì a poco sarebbe stato minacciato é dimenticato dal boom economico. È questo il valore aggiunto dei diari di Alan Lomax. Appunti di un viaggio senza soste, fagocitato dalle emozioni e della passione che solo un cultore – vero – della materia può avere. Alan Lomax ha lasciato un importante insegnamento di questa sua ricerca “on road” sul Gargano e cioè l’atteggiamento che ogni antropologo della musica dovrebbe tenere: riuscire a parlare con tutti tenendo fermo allo allo spirito di umiltà propria e di rispetto per l’altro. Lomax seppe farlo come pochi. Trattò alla pari le tabaccaie del Salento, i pastori e i caprai dell’ Aspromonte, registi cinematografici come De Sica e De Seta, produttori radiofonici come Nataletti, studiosi come De Martino” e Cinese e tanta altra gente incontrata. Viaggio che, cinque anni fa, la casa editrice il Saggiatore ha riproposto pubblicando il libro «L’anno più felice della vita. Un viaggio in Italia 1954-1955» che raccoglie i diari di quell’iter italicum insieme alle foto struggenti di un paese popolato da pescatori di tonni, montanari, raccoglitrici di tabacco, cavapietre e mondine prima dell’irruzione della modernità. Il tutto con la fazione di Martin Scorsese
[Antonio d’Amico]
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