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No faida day, in 3mila a Monte Sant’Angelo contro la nuova mafia

di Stefano Boccardi dalla GdM
MONTE SANT’ANGELO (FOGGIA) Duemila, forse anche tremila persone. Quasi tutta Monte Sant’Angelo. Ma anche tanti cittadini degli altri paesi del Gargano. Una partecipazione straordinaria. Inattesa. Alla quale ha fatto da cornice la presenza, tra gli altri, di don Luigi Ciotti e Nichi Vendola. Migliaia di fiaccole per dire no alla faida. Per dare una risposta civile alla barbarie della faida che da oltre un trentennio insanguina questo meraviglioso angolo del Gargano.

E sono stati proprio il fondatore dell’associazione «Libera», don Ciotti, e il presidente della Regione Puglia, Vendola, a segnare questa giornata di straordinaria partecipazione.

Appassionato, particolarmente appassionato, l’intervento di Nichi Vendola dal palco di piazza Beneficenza a pochi passi dal Belvedere. «Questo paese – ha detto – era famoso per i pellegrinaggi. Qui si veniva con gli autobus. Venivano le famiglie più povere da ogni parte del Mezzogiorno d’Italia in devozione a San Michele».

«Ma nel corso degli anni – ha aggiunto Monte Sant’Angelo è diventata famosa per il sangue, per la cosiddetta faida. A me non piace la parola faida. È un depistaggio. Le faide c’erano nel dopoguerra, nascevano quando c’erano le liti talvolta anche tra fratelli o tra vicini per i muretti che separavano gli appezzamenti di proprietà terriera. Ma quando la faida diventa controllo del narcotraffico, quando incrocia delle situazioni edilizie, quando incontra la speculazione e l’abusivismo del cemento, allora comincia ad avere un altro significato. Quando si espande per tutto il Gargano, cerca di controllare San Marco in Lamis, piuttosto che San Giovanni Rotondo, scende giù dove c’è il mare a Manfredonia, ficca il naso negli affari del Contratto d’area, fiuta ogni odore di denaro e cerca anche di girare attorno alle pubbliche amministrazioni, di mandare qualche messaggio nella bottiglia in qualche ufficio tecnico, cerca di condizionare le attività economiche. Ora non è più una lite tra due famiglie. È un’altra cosa. È un tessuto di criminalità organizzata che si sta insediando sul territorio e io ho molta rabbia perché le istituzioni sono state silenti per troppo anni»

Vendola ha quindi denunciato il fatto che sia stato necessario far «scorrere troppo sangue perché ci si accorgesse del pericolo. Abbiamo contato ad uno ad uno i delitti e abbiamo cercato anche di interpretarli». Vendola ha puntato l’indice sulla mafia imprenditrice, sulla mafia che ha «bucato il Gargano» (perché qui «talvolta si è stuprata la natura bellissima»), sulla mafia che controlla il narcotraffico («circola una quantità industriale di cocaina»).

«Per volere bene alla terra nostra . urla – dobbiamo saper indicare il male e colpirlo senza omertà, senza reticenza. La verità – ha detto volgendo lo sguardo al vescovo, mons, Michele Castoro scovo mons. Michele Castoro – vi farà liberi dal peccato. La verità ci farà liberi dal peccato».

«Io – ha continuato in un crescendo emotivo – sono venuto tantissimi anni fa, paese per paese, a raccontare le storie di mafia di ogni capo clan. Qua». Vendola ha ricordato in particolare di quella volta che dal palco fece il nome di Ciccillo Libergolis, il boss dell’omonima famiglia ucciso nell’ottobre scorso: «Appena io ho pronunciato quel nome e quel cognome si è fermata l’atmosfera. La gente non respirava. Chi mi ascoltava tratteneva il fiato».

«Nel giro di poche settimane – ha poi aggiunto – sono stati ammazzati a Monte Sant’Angelo e a Manfredonia i due principali e più famosi capi mafia e io considero una sconfitta dello Stato il fatto che siamo stati ammazzati, che fossero a piede libero. Perché per me anche la vita di Romito (Franco Romito, ndr) a Manfredonia e di Libergolis a Monte Sant’Angelo era una vita sacra. Andava semplicemente sterilizzata la potenza criminale, la potenza di fuoco. Avrei voluto averli vivi in carcere, laddove deve stare un criminale».

Vendola infine ha sottolinato che ieri «è stata scritta una una pagina importante. Era una pagina che mancava».

Quei sindaci assenti dal corteo della protesta
MONTE SANT’ANGELO (foggia) – Migliaia di fiaccole. Migliaia di luci che illuminano questo piccolo paese del Gargano.È troppo presto per dire quanto e come la fiaccolata del «No faida day» potrà lasciare il segno in questo straordinario angolo della Puglia. Ma non v’è dubbio che ieri sera qui, in questo bellissimo paese del Gargano è accaduto qualcosa di straordinario.

Ancora una volta, si può dire che a fare il miracolo è stato uno dei santi viventi del nostro Pese. Sì, quel prete torinese, don Luigi Ciotti, che da anni va in giro per l’Italia a raccontare che la mafia si può sconfiggere alzando la testa, mettendosi insieme, pregando insieme. Qui come a Milano perché – ha ribadito – «questo è un fenomeno trasversale».

E il miracolo c’è stato anche ieri sera. Perché in tanti, prima che dal Municipio partisse la fiaccolata, temevano un piccolo flop. E invece la partecipazione è stata straordinaria ed è andata al di là delle attese. E invece, è bastato solo accorgersi che a sfilare c’era anche lui, il fondatore di «Libera», per indurre tanti a farsi coraggio, a muoversi dal marciapiedi e ad entrare in corteo. Ad aggiungersi agli studenti, alle mamme, alle nonne e ai nonni di Monte Sant’Angelo.

Un lungo serpentone, in testa al quale, come da tradizione, c’erano le cosiddette autorità civili e religiose. Va detto subito, però, che anche quella di ieri sera non è stata l’occasione per mettere insieme tutto il fronte istituzionale del Gargano. E così, se è stato possibile notare la presenza dei sindaci e degli amministratori di Apricena, Vico del Gargano, Sannicandro Garganico, San Marco in Lamis, Manfredonia, San Giovanni Rotonto e Mattinata, si è notata pure l’assenza dei sindaci e degli amministratori di Vieste, Rodi Garganico e Peschici. Assenze significative non foss’altro che per un fatto. Sono tutti e tre Comuni guidati dal centrodestra. Che pure ieri sera è stato rappresentato dal vice sindaco di Mattinata e soprattutto dal presidente della Provincia di Foggia, il sen. Antonio Pepe.

A sfilare nelle prime file, tra gli altri, anche il deputato del Pd Michele Bordo, e i sindaci di Monte Sant’Angelo, Andrea Ciliberti, e di Foggia, Gianni Mongelli, nonché il vescovo della diocesi di Manfredonia-San Giovanni Rotondo-Vieste, mons. Michele Castoro.

Una partecipazione – quella del vescovo – tutt’altro che rituale. E a sottolinearlo sono stati proprio i cittadini di Monte Sant’Angelo, a cominciare da un gruppetto di nonnine che per tutto il tempo della fiaccolata hanno sfoggiato i loro visi sorridenti: quasi un segno di sfida nei confronti di chi – non pochissimi – se n’è rimasto sui marciapiedi o davanti ai bar della centralissima piazza Duca d’Aosta.

Una sfida silenziosa che è stata lanciata anche da centinaia di studenti, giovani e giovanissimi. Una sfida che ha visto come al solito in prima linea il mondo di quelle associazioni che qui sembrano in gran fermento. Come Legambiente, qui rappresentata da Franco Salcuni o come la stessa «Libera» che in Capitanata è guidata da Mimmo Di Gioia (autentica memoria storica delle lotte antimafia in provincia di Foggia) e da Daniela Marcone, figlia di Franco Marcone, il direttore dell’Ufficio del registro di Foggia assassinato il 31 marzo del 1995.[s. bocc.]

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