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La selce del Gargano: risorsa preistorica e attrattiva per i popoli dell’Egeo e del Medio Oriente

Fin dalla Preistoria, il Gargano, in particolare le sue zone costiere, è stato teatro di incontri e migrazioni di popoli provenienti dall’Egeo, dal Libano, dalla Palestina e dall’Anatolia. La presenza di abbondanti giacimenti di selce, fondamentale per la produzione di utensili e armi, ha rappresentato il principale motivo di attrazione per questi popoli, che si stabilirono sul promontorio durante l’Eneolitico.

Le miniere di selce del Gargano

Gli scavi archeologici effettuati negli ultimi anni, in particolare al Grottone di Manaccora e alla miniera di Valle Sbernia a Peschici, hanno portato alla luce manufatti riconducibili a tecniche di lavorazione di area egeo-anatolica. Secondo l’archeologa Grazia del Duca, queste popolazioni giunsero sul Gargano attraversando il Mediterraneo con imbarcazioni di piccolo cabotaggio, seguendo le coste per evitare tempeste. Una volta arrivati, si dedicarono allo sfruttamento delle risorse litiche, avviando una produzione intensiva di utensili attraverso la scheggiatura della selce.

Tra i siti più significativi del Gargano vi sono:

Valle Sbernia (Peschici), dove sorgeva una grande miniera/officina situata lungo l’attuale Statale 89 tra Peschici e Vieste.

Defensola (Vieste), che ospita una delle aree silicee più estese del bacino mediterraneo. Qui, gli scavi dell’équipe del professor Galimberti dell’Università di Siena hanno documentato le difficili condizioni di lavoro: la selce veniva estratta in posizione supina, al debole chiarore di lucerne di pietra.

Le tecniche di estrazione e lavorazione variavano a seconda della conformazione delle miniere. A Valle Sbernia, gli spazi permettevano di lavorare in piedi, mentre a Defensola la ristrettezza delle gallerie imponeva posture scomode e faticose.

La selce: il “petrolio” della Preistoria

In epoca preistorica, la selce era una risorsa fondamentale per l’economia mediterranea, comparabile per importanza al petrolio dei giorni nostri. Gli strumenti litici prodotti sul Gargano venivano utilizzati non solo localmente, ma esportati in altre regioni, grazie a una rete di scambi che collegava il promontorio alle aree dell’Egeo e del Medio Oriente. Questo flusso di materiali e tecniche contribuì a una contaminazione culturale e tecnologica significativa, come dimostrano i ritrovamenti nei siti del Monte Carmelo, Monte d’Elio e Sant’Elia.

La tecnica campignana, sviluppatasi originariamente in Libano e Palestina, venne introdotta sul Gargano dai migranti orientali. Si tratta di una metodologia avanzata di scheggiatura che consentiva di produrre utensili raffinati, come tranchet, foliati e il celebre “scalpello garganico”. Quest’ultimo, rinvenuto nella Pineta Marzini a Vico del Gargano, era utilizzato per il disboscamento e la lavorazione del legname.

Un’economia litica e forestale

La geografia del Gargano, ricca di boschi simili a quelli di Libano e Palestina, rese possibile lo sviluppo di un’economia basata non solo sull’estrazione della selce, ma anche sullo sfruttamento del legname. Nei pressi del Torrente Macchia, vicino a Vieste, sono stati rinvenuti strumenti litici destinati alla scortecciatura degli alberi, evidenziando come il taglio del legname affiancasse la lavorazione della selce nelle attività economiche del tempo.

L’eredità culturale del Gargano preistorico

Il Gargano resta un importante deposito di selce, unico in Italia insieme ai Monti Lessini in provincia di Verona, che presentano caratteristiche geografiche simili. La ricchezza di questa risorsa ha plasmato la storia e l’economia del promontorio, rendendolo un crocevia di scambi culturali e tecnologici durante la Preistoria. Le tracce di questa epoca remota, custodite nei siti archeologici del Gargano, raccontano di un passato in cui la selce era la linfa vitale di un mondo in continua trasformazione.

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