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letteratura popolare

"La baronessa di Carini"

"Vju viniri ‘na cavalleria
chistu è mè patri chi veni pri mia!
Signuri patri, chi vinistivu a fari?
Signura figghia, vi vegnu a ‘mmazzari.
Signuri patri, aspettatimi un pocu
Quantu mi chiamu lu me cunfissuri.
– Habi tant’anni ch’un t’ha confissatu,
ed ora vai circannu cunfissuri?
E, comu dici st’amari palori,
tira la spata e cassaci lu cori;
tira cumpagnu miu, nun la sgarràri,
l’appressu corpu chi cci hai di tirari!
Lu primu corpu la donna cadìu,
l’appressu corpu la donna muriu."

Voglio iniziare con lo "strano caso" della Baronessa di Carini, e non è un caso, una nuova sezione che chiamiamo "letteratura popolare", ossia quella parte della letteratura che si occupa della poesia popolare, da non confondersi con la poesia dialettale.

Discussione

Un pensiero su “letteratura popolare

  1. Avatar di Sconosciuto

    Torna la Baronessa di Carini
    un cult della tv anni Settanta
    Lo sceneggiato andò in onda nel 1975, la regia era di Daniele D’Anza
    Un grande successo che mescolava passioni, intrighi, suspance e parapsicologia

    Torna la Baronessa di Cariniun cult della tv anni Settanta

    La locandina del dvd
    del film originale
    E’ uno dei principali corresponsabili dei sonni agitati di buona parte di quelli che trent’anni fa non andavano al letto dopo Carosello. Che saranno lì, pronti a giudicare, oppure non ci saranno affatto, cambieranno canale, nel rispetto di uno di quegli sceneggiati di culto degli anni Settanta del quale i puristi non vorrebbero mai vedere un remake: L’amaro caso della baronessa di Carini. Che con Il segno del comando e Belfagor – e molti altri in verità – è entrato nella sfera del mito della tv in bianco e nero, o a colori da poco. Soprattutto perché – come gli altri due – metteva un sacco paura. Con quella storia della mano insanguinata che lascia un’impronta indelebile sull’intonaco di una stanza. E i Beati Paoli, pure, sinistri e incappucciati.

    Chissà se saprà procurare gli stessi brividi la miniserie diretta da Umberto Marino (La fiamma sul ghiaccio, Cuore cattivo fra gli altri), prodotta da Feelmax e Rai Fiction, con Vittoria Puccini (fresca del successo di Le ragazze di San Frediano, RaiUno) e Luca Argentero (al cinema in Saturno contro). Primo ciak battuto due giorni fa, su una sceneggiatura che punta sia sulla ricostruzione dell’omicidio al centro della storia, sia sulla relazione sentimentale che coinvolge i due protagonisti: così profonda da sconfiggere anche la morte.

    Lo sceneggiato originale, in onda in prima serata dal 23 novembre del 1975, era scritto da Lucio Mandarà, diretto da Daniele D’Anza e vantava interpreti come Ugo Pagliai, Janet Agren, Adolfo Celi, Paolo Stoppa e Vittorio Mezzogiorno (curiosità: c’era pure Enrica Bonaccorti). I fatti non erano ambientati nel Cinquecento (come vuole la ballata popolare alla quale lo sceneggiato si ispira) ma nel 1812, in un’epoca completamente reinventata.

    La storia, per i più giovani o gli smemorati: alla vigilia della stipula della prima Costituzione liberale, Luca Corbara (Pagliai) viene chiamato ad accertare, per conto del ministro delle Finanze, la legittimità del possesso di alcuni feudi. Si imbatte, così, in quello di Carini, noto per la tragica e inquietante storia d’amore di tre secoli prima, raccontata con una buona dose di suspence, mescolando intrighi e magia.

    Ovvero: Laura Lanza di Trabia, figlia di Cesare Lanza, conte di Mussomeli, e di Lucrezia Caetani, sposò a soli 14 anni, nel 1543, Vincenzo La Grua, signore di Carini, nelle vicinanze di Palermo. Nel 1563 venne barbaramente uccisa dal marito, perché colta in flagrante adulterio, nel castello, con l’amore della sua vita, Ludovico Vernagallo. Un delitto circondato da un alone di mistero che l’ha trasfigurato nella leggenda. Nel remake, l’azione si sposta nel 1860, alla vigilia dello sbarco dei Mille di Garibaldi.

    Una perplessità: quale sarà la sigla del film, chi la interpreterà? Perché tutti hanno ben presente l’indimenticata canzone dei titoli di testa dello sceneggiato del ’75, con la voce di Gigi Proietti che, in un dialetto siciliano stretto stretto, come un antico cantastorie, introduceva il pubblico nel mistero della leggenda: “Viu viniri la cavalleria”, poi “lu primi colpu la donna cadìu / l’appresso colpu la donna murìu”, e il finale: “Povera barunissa de Carini…”.

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    Pubblicato da utente anonimo | marzo 14, 2007, 11:15 am

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