Estratto da “(Non) c’è musica e musica. Il folk revival di Pino De Vittorio” di Giovanni Fornaro
Giuseppe De Vittorio nasce nel 1954 a Leporano (Taranto). La famiglia materna è di origine contadina e del luogo, quella paterna si occupa di pesca e viene da Gallipoli (Lecce).
Negli anni cinquanta e sessanta, gli ultimi esiti della cultura contadina della Puglia meridionale sono fortemente declinanti ma ancora vivi e questo segna indelebilmente il futuro cantante, il quale assorbe dalle famiglie di origine anche modi tradizionali del «fare» musica che riattiverà successivamente.
Qualche canzone già l’avevo imparata in famiglia. […] Anche le sorelle di mio padre e mia nonna suonavano il tamburello, cantavano le pizziche. […]
Io ho imparato [a suonare] il tamburello da ragazzino, da una mia zia di Gallipoli che lo suonava divinamente.
Nel 1975 De Vittorio si iscrive all’Università di Firenze, insieme con altri amici tarantini come Gianni Castellana e Fulvio Sebastio, impegnandosi subito, oltre che negli studi, a organizzare feste serali e happening in cui si canta e suona per puro divertimento. De Vittorio «arrangia» i brani, predisponendo le diverse parti vocali:
Si finiva di studiare e si cantava. Ero dotato di una mia naturale impostazione vocale e intonazione e suonavo la chitarra, ero un autodidatta. La sera, con questi amici, abbiamo cominciato cantare brani della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Provavamo villanelle a tre voci e io […] riuscivo a dare le «voci» delle varie parti, a orecchio, agli altri due ragazzi.
La formazione è ancora minimale: voci, chitarra, tamburello. Il gruppo non ha ancora assunto una denominazione definitiva. Il passaggio da una dimensione puramente ludica ed estemporanea del suonare e cantare insieme a una in grado di innescare un processo di semi-professionalizzazione avverrà grazie ad Angelo Savelli, che poi con Pupi e Fresedde svolgerà una lunga carriera teatrale.

Una sera siamo a Ponte Vecchio […]. Incontriamo casualmente Savelli, che non conoscevamo. Queste nostre performance estemporanee lo interessano, così mi invita a vedere le prove di un allestimento di un testo di Čechov per il quale faceva l’aiuto regista al teatro di Pistoia.6 […] Entrare in questo teatro e rimanerne affascinato, è stato un tutt’uno. Era la prima volta: il palcoscenico, i palchi, le prove con questi attori bravissimi (come Paila Pavese, Marcello Batoli)…
Procede in parallelo una utile estensione dell’organico: A noi si era unito il flautista di origine calabrese Michele Marasco, che suonava il traverso e successivamente è diventato un grande flautista solista. Studiava al conservatorio. Conoscemmo anche David Blazer, un americano che studiava medicina e suonava bene violoncello, violino e mandolino, tutti ad altissimi livelli. […] Lui ci presentò un notevole chitarrista italo-americano suo amico, John La Barbera, di origine siciliana, che suonò a lungo con noi.
Pupi e Fresedde riescono a inserirsi nel circuito delle feste dell’Unità e della musica dal vivo.
Savelli ci propone di fare un piccolo concerto di brani della NCCP per il festival dell’Unità di Stia (Arezzo). […] Noi, con pochi costumi e con un tipo di teatro da strada, già facevamo una sorta di teatro «sperimentale», unendo musica, danze e costumi particolari.
Subito dopo, il 6 maggio e ancora il 16 luglio 1976, ad Arezzo, il gruppo rappresenta uno spettacolo intitolato La tarantella del Gargano che potremmo considerare come vero atto di nascita di Pupi e Fresedde perché, esteso l’organico, testimonia dell’interesse della formazione pugliese per repertori diversi da quelli campani. Articoli di stampa attestano la denominazione della band, nonché l’origine e il repertorio di riferimento: «Gruppo Pupi e Fresedde di Taranto, spettacolo di canzoni popolari raccolte e rielaborate da Roberto De Simone».


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