COMUNICATO UFF. STAMPA ASS. CULT. “PUNTO di STELLA”
di piero giannini
Riflessioni “in libertà” a margine dell’incontro del 9 gennaio completate da una pro-posta: organizzarne un secondo convocando quelle realtà associative sfuggite per un motivo o per l’altro al primo setaccio
Siamo stati convocati a Vico del Gargano, ospiti della “consorella” Io sono Garganico insieme a presidenti e portavoce di altre realtà associative garganiche attive sul territorio. Ci siamo conosciuti (qualcuno usa un verbo più colorito: “annusati”). Ci siamo stretti la mano (c’è stato anche chi si è scambiato un abbraccio). Ci siamo parlati. Ci siamo confrontati. Ci siamo guardati negli occhi man-cando di evitare gli sguardi inquisitori della serie “ma chi c… sei!”
Qualche esponente di Associazione meno navigata ha già chiesto lumi e conforto (nel senso: dammi un’idea per la mia prossima iniziativa), qualche altro ha voluto “fare il maestro” (capita sempre, in un gruppo appena costituitosi, il personaggio che aspiri a diventare “leader del branco”, come per i lupi, tanto per dire, ma non accadrà nella circostanza in questione visto che nel dna dei presenti la leadership è sacra), qualche altro ancora ha voluto buttarla sul politico ma si è subito ri-preso (notando la scarsa accettazione della velata proposta) calando l’asso della alternatività alle i-stituzioni e non della loro sostituzione. Altri ancora hanno espresso la volontà di non voler morire e hanno chiesto aiuto. E altri, infine, hanno reso comuni le diverse “armi” a disposizione.
Conclusione: nessuno ha taciuto, nessuno è rimasto all’ancora, nessuno si è messo nella scia, nes-suno si è posizionato al traino di questa o quella realtà associativa. E nessuno ha manifestato un per-sonale obiettivo che non sia stato possibile accomunare all’obiettivo degli altri. Un obiettivo che ha un solo referente: basta con la sopraffazione, basta con l’inerzia, finito il tempo di attesa della man-na, finite le decisioni a pioggia – scarse e tante volte inconcludenti – di chi sia chiamato a regolare il traffico, comportandosi poi da “vigile” poco accorto e sprecone.
Ma su tutto l’ambaradan voluto e creato da “Io sono Garganico” spicca l’ultima (ma non definiti-va) considerazione: sembrava che la riunione si effettuasse fra gente che si conosceva da una vita, che sapesse le intenzioni del vicino e le avesse già esaminate con lui in decine e decine d’incontri. Un feeling apparso subito esaltante e provocatoriamente positivo avviato sulla corrente continua di un fil rouge che via via si è andato arroventando fino al punto da spingere qualcuno a saltare un passaggio e rivolgersi a soluzioni che necessariamente dovranno venire col tempo, quasi a voler bruciare le tappe di un percorso che per necessità sarà lento… ma inesorabile.
Un vecchio detto sentenzia: “Chi vivrà, vedrà”, ma se il futuro nasce su un rendez-vous in cui si sono rivelate e rilevate una confluenza e una convergenza di intendimenti quali quelli del 9 gennaio scorso (data memorabile nella storia del Gargano, da inserire in quel particolare calendario che fra cent’anni scriverà cosa sia successo in questo giorno), ci sarà poco da… vedere. Quanto si doveva “vedere” lo si è visto il 9 gennaio: la voglia di “cambiare”, la volontà di interrompere e stoppare un processo di inaridimento apparso all’orizzonte con modalità subdole e rischiose, la ferma decisione di non subire.
Cattive “politiche”, calamità naturali, mancati o errati ricambi generazionali, solchi perversi scelti per necessità e diventati “norma”, hanno favorito il processo di cui sopra. Ma ora sul suo avanzare si è frapposto un fusto di patriarca vegetativo caduto sulla strada per aver subìto l’onta di essersi vi-sto “bruciare” le radici, di aver assistito all’offesa del rogo delle proprie colonne portanti. Un tronco possente e straordinario, difficile da spostare, la cui imponenza abbattuta reclama giustizia. Ha an-che un nome questo patriarca: si chiama “Gargano Oltraggiato”.
Caro Direttore, l’associazionismo dovrebbe basarsi su principi orientati alla cooperazione, al coordinamento, al bene comune, alla difesa dei beni pubblici, alla creazione di cultura intesa come strumento per migliorare il mondo. In realtà spesso le associazioni sono piccole riproduzioni della nostra decadente realtà sociale e politica. Piccoli feudi di pseudo-potere, di controllo tribale del territorio, piccoli collettori di finanziamenti pubblici, luoghi dove spesso si realizzano le logiche clientelari di una classe politica ormai non più rappresentativa. Insomma, organizzazioni spesso autoreferenziali, che sbandierano il campanilismo solo per coprire la loro demagogia. E che dire della democraticità di queste organizzazioni? Credo, inoltre, che l’attuale crisi politica derivi anche dall’assenza sul territorio di VERE associazioni, intese come luoghi di confronto e di dibattito democratico e pluralista teso a migliorare l’esistente, a produrre valori e saperi. Detto questo, il lavoro che state svolgendo, e che abbiamo provato faticosamente anche noi a svolgere il 4 Agosto scorso a Carpino, mi conforta non poco. Così come il fermento intellettuale e di “pancia” che sento in alcune associazioni mi fa sperare in una nuova “alba”, come diceva Rocco Scotellaro. Sono, forse, piccoli passi verso la creazione di una nuova consapevolezza, di un nuovo impegno civile, attraverso il quale provare a ricostruire un vero e sano tessuto sociale, di idee, di valori, di saperi. D’altra parte, vista la decadenza che ci attanaglia, non credo ci siano alternative ad un rinnovato impegno della società civile. Io sono fiducioso, Ezum Valgemom
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Pubblicato da festival | gennaio 12, 2009, 8:13 PM