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Abbiamo raggiunto Guccini, grazie alla fondamentale mediazione di Lele Chiodi e Carlo Pagliai, due componenti dello storico gruppo “I Viulan”, che nel corso di un’attività pluri trentennale, ha svolto, e svolge tuttora, un ruolo insostituibile nel recupero e nello studio di questa particolarissima forma d’arte. “Era quello – commenta Guccini – il grande serbatoio nel quale attingere; ricordo quando si andava a intervistare gli anziani e recuperare le vecchie canzoni della tradizione. Adesso, purtroppo, per motivi anagrafici, non si trova quasi più niente. Proprio per questo, quindi, è fondamentale l’opera delle persone e dei gruppi che tentano di preservare questa tradizione e a loro non deve mancare un adeguato sostegno. Questi appassionati, sono un po’ come gli archeologi, che scavano alla ricerca delle tracce del passato; anche loro, in un certo senso, svolgono un’attività analoga. Certo, le grandi scoperte archeologiche, sono più importanti di una canzone, ma anche quest’ultima ha la sua importanza all’interno di una cultura”.
La ricerca nell’ambito della cultura popolare, ha influito nel suo percorso artistico?
“No, anche se quando compongo, bene o male vado sempre a cercare la cosiddetta melodia in terza. Ho imparato a cantare seguendo una certa tradizione ed è inevitabile che la cosa venga fuori: viene spontaneo e naturale. Fra i cantautori, poi, credo di essere l’unico che proviene dalla tradizione popolare. Lo stesso De André, che ha fatto cose interessantissime, le ha comunque studiate. Gaber non amava particolarmente la musica popolare e De Gregori l’ha scoperta dopo molto tempo”.
“La perdita di questo immenso “mondo” sarebbe una sconfitta. Mi rendo conto che è difficile capire, per chi non è dentro a questo mondo del tutto particolare. Anche personaggi di cultura faticano e spesso lo rifiutano. C’è stata spesso la tendenza a considerare la cultura popolare inferiore a quella diciamo così ufficiale. In realtà e semplicemente diversa. Rischiamo di perdere un patrimonio molto importante e sarebbe un vero peccato”.
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