
• E’ scoppiata a piangere, cosi come aveva fatto al momento del fermo; si è lasciata andare ad un pianto dirotto non appena i giudici del Tribunale del riesame riuniti ieri mattina a Bari hanno pronunciato la frase «insussistenza di indizi». Antonia Grazia Russo la cinquantaquattrenne originaria di Rodi Garganico ma residente a Carpino da ieri è una donna libera. Libera soprattutto dall’oppressione di chi per un mese le aveva messo addosso il marchio di uxoricida. L’ac – cusavano di aver ucciso il marito Michele Bramante un mese fa nella loro abitazione di via Vesuvio a Carpino. Clamoroso abbaglio, vittima di un errore giudiziario per i giudici del riesame che hanno valutato inconsistenti gli indizi per tenere rinchiusa la donna difesa dall’avvocato lucerino Raffaele Lepore. «I giudici hanno accolto in pieno la nostra tesi, quella che ci aveva indotto a ricorrerere al Tdl», spiegava Lepore, il difensore. Ma come erano andati i fatti? Una sera Michele Bramante e Antonia Russo, soli in casa da quanto i flgli erano emigrati in Germania si trovano ad affrontare l’ennesima emergenza legata alla malattia di lui, Michele, da poco operato alla carotide. Michele sanguina va, forse si era procurato lui quel sanguinamento alla gola. Lei, Antonia, lo soccorre, tampona l’emorragia. Poco dopo il marito muore. Antonia viene accusata di aver ucciso il marito. Ma l’ar ma del delitto non viene mai trovata. Come unico indizio un fazzoletto intriso di sangue, lo stesso che Antonia aveva utilizzato per ripulire il marito. Il carabinieri nutrono forti sospetti che sia stata lei a causare la morte dell’uomo. La fermano per uxoricidio. La donna protesta la sua innocenza. Scende in campo anche l’assistente sociale: «Non credo alla colpevolezza della donna: aveva accudito il marito fin dal giorno della sua malattia…». I figli dalla Germania si schierano dalla parte della madre. Antonia Russo però resta in carcere: solo sospetti su di lei e qualche labile indizio. Il difensore prima chiede la scarcerazione, poi si rivolge al Tribunale del riesame. E ieri mattina, la prununcia. «Gli indizi sono insussistenti». Antonia Russo, dopo un mese di carcere torna in libertà, e torna in quell’abitazione della tragedia, in quel vico Vesuvio dopo ha vissuto gli ultimi attimi accanto al marito. Forse un equivoco, le sue contraddizioni, la paura di rispondere e le telefonate di aiuto ai figli in Germania avevano indotto investigatori e inquirenti a sospettare di lei e sul suo profilo comportamentale nelle ore immediatamente successive alla morte del marito. Lei alle prese con un doppio incubo: quello di aver perso il marito e di essere accusata di uxoricidio.
UN EPILOGO FELICE TRA TANTI DUBBI E MISTERI
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